Il principe d'Egitto

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  1. _Ely
     
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    Il principe d'Egitto (The Prince of Egypt) è un film d'animazione della DreamWorks Animation del 1998 con la regia di Brenda Chapman, Steve Hickner e Simon Wells.

    Trama:
    Il principe d'Egitto, ambientato prima di Gesù, narra la storia di Mosè secondo l'Esodo e della sua storia biblica, dopo il trasferimento degli ebrei in Egitto. Gli ebrei non sono più pastori, ma schiavi del popolo egizio e, per ordine del faraone Seti I, costruiscono le città ed erigono le statue degli idoli. Pregano però il loro Dio affinché mandi un pastore o una guida per liberarli dall'oppressione. Proprio mentre gli israeliti lavorano per il faraone, un drappello di guardie invade il quartiere ebraico di Goscen. Infatti il faraone temeva una rivolta da parte degli ebrei, oramai divenuti troppo numerosi per essere controllati. Le guardie sono dunque in cerca dei bambini maschi neonati, li uccidono, lasciano le madri nella disperazione. Ma una di queste disperate vedove, Jocabel, non vuole cedere al volere del sovrano oppressore e, in compagnia dei due figli non neonati e più al sicuro, Miriam e Aronne, corre verso le rive del fiume Nilo per salvare il suo bambino, il terzo, neonato. Lo mette su una cesta e lo lascia alla balia della corrente del fiume, sarà il Signore a proteggerlo. E così in effetti avviene: un Coccodrillo del Nilo affamato, ippopotami in lotta, pescatori e i remi di una barca, sembrano mettere in pericolo la vita del bambino che rimane comunque illeso. La sorellina Miriam osserva la cesta contenente il piccolo giungere fino al palazzo reale. Lì si trovano la regina, moglie di Seti, e il suo figlioletto, Ramses, in compagnia di alcune ancelle. Ecco però apparire dalle acque il cesto, la regina scopre cosa vi è all'interno e decide di adottare il piccolo come proprio figlio.
    « Vieni Ramses, mostreremo al faraone il tuo fratellino Mosè, il principe d'Egitto. »
    (La regina)
    Passano 20 anni, Mosè e Ramses crescono come due veri fratelli, ignari dell'origine del primo, che si crede realmente figlio del faraone. Insieme ne combinano di tutti i colori e, un giorno, correndo con delle bighe, dopo aver devastato mezza città, entrano all'interno di un tempio in lavorazione e, dopo aver rotto il naso di una statua, seppelliscono nella sabbia il santuario con tutti i sacerdoti. Seti rimprovera duramente i due, specialmente Ramses, che deve essere più responsabile, se vuole un giorno diventare faraone. In più, a inasprire il lamento di Seti vi sono anche i due sommi sacerdoti quarantenni, Hotep e Hoy, due autentici parassiti, bravi solo a fare trucchetti di magia e a parlare a sproposito.
    « Un tempio danneggiato non distrugge secoli di tradizione. »
    (Ramses)
    « Ma un anello debole può spezzare la catena di una potente dinastia. »
    (Seti)
    Sono queste le parole che colpiscono maggiormente il giovane Ramses che, tristissimo e furioso, si allontana. Mosè cerca di giustificare il fratello, la colpa del disastro è sua. Seti spiega il perché del suo rimprovero: Ramses deve fortificarsi se non vuole che un giorno il potere gli sfugga dalle mani. Il giovane chiede però un'opportunità per il fratello, e il faraone sembra acconsentire alle richieste del figlio adottivo.
    Quella stessa sera viene infatti preparata una solenne cerimonia nella quale Ramses viene nominato principe reggente e responsabile della costruzione di tutti i templi. Il giovane decide di premiare anche il fratello per il contributo e lo nomina capo architetto reale, donandogli un prezioso anello come simbolo della propria gratitudine. Seti chiede inoltre ai sommi sacerdoti un regalo per il figlio. I due, presi alla sprovvista, usando i loro trucchetti fanno apparire la splendida Zippora, una prigioniera proveniente dal territorio di Madian. Ramses e Mosè rimangono affascinati dalla bellezza della giovane, che dimostra comunque di non essere affatto disposta a farsi comandare. Riesce infatti a liberarsi dalla presa delle guardie ed è lo stesso Mosè a fermarla e a farla cadere in mezzo a una pozza d'acqua.
    Ramses ordina che Zippora sia condotta nelle stanze di Mosè per divenire sua schiava. La giovane però dimostra di essere più ribelle di quanto i due principi pensino, riesce infatti a legare il proprio custode e a eludere la sorveglianza delle guardie. Mosè finisce così per trovare sul proprio letto il servitore imbavagliato. Zippora sta per uscire dal palazzo, quando due guardie si avvicinano. Mosè, sceso per recuperarla, distrae le guardie e le permette di fuggire, decidendo però di seguirla per vedere dove ha intenzione di andare.
    Giunge così nel quartiere ebraico di Goscen dove due ebrei, un uomo e una donna, versano dell'acqua per la giovane che fugge verso il deserto. Mosè la segue con gli occhi ma viene distratto dall'ebrea che, per sbaglio, aveva fatto cadere la propria anfora ai suoi piedi. La giovane donna lo riconosce e gioisce per la sua venuta. Mosè non capisce il suo comportamento. L'uomo che sta con lei cerca in tutti i modi di allontanarla. La giovane però rivela verità che il principe non avrebbe nemmeno immaginato: lui non è un egiziano, è il figlio di una schiava deceduta di nome Jocabel, la donna del pozzo è Miriam sua sorella è l'uomo che è con lei è Aronne suo fratello, Mosè è stato trovato dalla regina sulle rive del Nilo, sua madre voleva salvarlo da una grave minaccia.
    « Nostra madre ti ha messo su un cesto per salvarti la vita. »
    (Miriam)
    « Salvarmi la vita? E da chi? »
    (Mosè)
    « Chiedilo all'uomo che tu chiami padre! »
    (Miriam)
    Le parole di Miriam finiscono però per infastidire Mosè che la spinge, facendola cadere per terra. La giovane, allora, inizia singhiozzando a cantare la ninna nanna che Jocabel, quando Mosè era neonato, gli cantava ogni sera. Nella sua mente si riversano adesso ricordi lontani, il canto di Miriam sembra ricordagli qualcosa. Il ragazzo, in preda all'angoscia fugge via, e torna nelle proprie stanze.
    Quando però si addormenta sogna di trovarsi all'interno di un muro, sotto forma di affresco: Seti, seduto sul trono, ordina ai propri uomini di uccidere i bambini di Goscen, solo una donna riesce a salvare il suo, lasciandolo in balia della corrente del Nilo. Le immagini del sogno si ricollegano alle parole di Miriam, Mosè non sa cosa fare e decide di recarsi in una stanza del palazzo dove vengono narrate, attraverso gli affreschi, le imprese di Seti e degli altri faraoni. Ecco però apparire le terribili immagini del sogno, i bambini gettati in pasto ai coccodrilli dagli uomini del faraone. Mosè piange, tutto ciò in cui credeva è sempre stato una menzogna. Seti ha visto tutto e lo abbraccia per confortarlo.
    « Mosè, a volte per un bene superiore dei sacrifici vanno affrontati! Oh, figliolo! Erano solo schiavi. »
    (Seti)
    A queste parole il sangue di Mosè si gela, si allontana da colui che aveva creduto suo padre. Il mattino dopo il giovane si ritira solitario sulle rive del Nilo, viene raggiunto dalla regina che vuole consolarlo nella sua disperazione. Lei l'ha sempre amato come un figlio, lui è per lei un dono che gli dei hanno voluto farle, non un semplice trovatello. Mosè l'abbraccia, le vuole bene ma l'angoscia lo tormenta. Ramses intanto si prepara a ricostruire il tempio distrutto durante la catastrofica corsa delle bighe, Mosè lo assiste nei lavori apparentemente tranquillo ma in realtà inquieto, guardando le sofferenze della propria gente, fustigata e sfruttata dai sorveglianti. Ecco però che un episodio in particolare colpisce il giovane ebreo. Un vecchio schiavo, oramai esausto, viene frustato ripetutamente da un sorvegliante. Mosè non riesce a sopportare questa nefandezza, sale sul padiglione e nel tentativo disperato di fermarla, fa precipitare la guardia giù dall'impalcatura, uccidendola. Tutti lo additano come assassino, anche se lui non avrebbe mai voluto fare una cosa simile. Ramses gli promette che farà in modo di cancellare l'episodio dalla memoria di tutti ma ormai è troppo tardi, Mosè fugge nel deserto in balia della sua disperazione.
    Fra le sabbie di quel luogo arido Mosè, pur dissetandosi dell'acqua sotto la sabbia, sopporta per la prima volta le vere sofferenze, abbandonando i simboli del proprio potere; bracciali, collane, la parrucca. Decide però di tenere con sé quell'anello che Ramses gli aveva regalato, unico ricordo di quella vita senza un senso e di suo fratello. Una tempesta di sabbia lo investe, per lui sembra finita. Dio però non vuole ancora abbandonarlo, infatti appare all'improvviso, nel deserto, un cammello solitario al quale Mosè riesce ad aggrapparsi e ad arrivare in un'oasi dove può finalmente bere in un torrente (riservato alle pecore), capendo che il cammello è di quella terra vicina. Mentre si trova lì, alcuni giovani contadini fanno i prepotenti con delle bambine. Mosè li caccia via e, stremato, finisce per cadere dentro un pozzo. Le ragazzine cercano di tirarlo fuori quando ecco arrivare la sorella maggiore. È Zippora, la giovane fuggita dall'Egitto. Mosè viene presentato dunque al padre sessantenne delle ragazze, Jetro, il sacerdote di Madian, la terra-oasi dove lui è capitato.
    Jetro accoglie calorosamente il giovane forestiero, riconoscente nei suoi confronti per aver salvato prima Zippora dall'Egitto e poi le figlie più piccole dai prepotenti. Mosè passa 20 anni in compagnia della gente di Madian, facendosi crescere una vistosa barba e diventando pastore del gregge di Jetro, in compagnia della bellissima Zippora che infine decide di sposare, avendo due figli.
    Un giorno però, mentre cerca una pecora (quella cresciuta da lui in quei 20 anni), assiste a uno strano prodigio, un ulivo arde di una luce biancastra ma non si consuma. Da quella pianta proviene una voce che lo chiama:
    « Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. »
    (Dio)
    Gli chiede di liberare il popolo degli israeliti dalla morsa degli egiziani. Mosè sembra esitante ma la parola di Dio è legge: dovrà recarsi dal faraone per chiedere la liberazione della propria gente. Di certo gli egiziani non cederanno facilmente ma Lui sarà sempre al suo fianco, e il bastone, che una volta veniva usato per guidare il gregge, adesso sarà usato come simbolo della potenza divina.
    « Terrai in mano questo bastone, Mosè, con il quale tu compirai i miei prodigi! »
    (Dio)
    In questa scena sarà possibile notare, in sottofondo, la voce di una donna che ripete le stesse parole di Dio. Probabile è il riferimento all'Antico Testamento e nei Vangeli dove viene detto che: "Dio è Padre, ma è anche Madre".
    Dunque Mosè, entusiasta, dopo aver ripreso la pecora, lascia i figli alle cure di Jetro, torna nella propria tenda e racconta tutto a Zippora; insieme a lei tornerà in Egitto per affrancare il proprio popolo. Da alcuni anni Seti e sua moglie sono morti, il faraone è Ramses, vedovo ed ha già un bambino di otto anni. Vedendo tornare il fratello, il giovane sovrano è felicissimo e corre ad abbracciarlo, cancellando per legge i suoi "crimini" commessi contro quella guardia egiziana. Mosè è anch'egli contento di rivederlo ma un fine superiore lo spinge a mettersi contro di lui. Ramses infatti impallidisce sentendo il vero motivo del ritorno di Mosè, che lo invita a liberare gli schiavi ebrei.
    Il profeta inoltre mostra a tutti come il Signore combatta dalla sua parte, e tramuta il suo bastone in un cobra. Ramses non sembra però turbato e ordina ai sommi sacerdoti, Hotep e Hoy, di compiere lo stesso prodigio. I due, grazie all'utilizzo di luci ed effetti ottici, riescono ad emulare l'azione di Mosè. Ramses decide di parlare in disparte col profeta. Il suo impero viene eretto sulle spalle degli schiavi e senza di loro non potrà mai renderlo maestoso e splendido come vuole. Mosè non può più sentirsi legato a colui che presto diventerà suo acerrimo nemico e riconsegna a Ramses l'anello che gli aveva donato, unico ricordo di quel passato che avevano vissuto come fratelli. Il faraone crede però che questo rappresenti solo un affronto nei suoi riguardi e quindi decide di vendicarsi, raddoppiando il lavoro degli schiavi ebrei.
    « Io non conosco questo Dio e non lascerò neppure partire il tuo popolo. Io non sarò l'anello debole!... Dì al tuo popolo che da oggi il suo carico di lavoro è stato raddoppiato, grazie al tuo Dio... o invece è grazie a te. »
    (Ramses)
    Questo scatena la rabbia degli schiavi ebrei che si lamentano dell'arrivo di Mosè. Solo Miriam cerca di difenderlo, rimproverando il fratello Aronne, che l'aveva maggiormente insultato. Mosè però non si arrende e vuole dimostrare a tutti che il Signore è potente e presto interverrà. Si reca dunque sulle rive del Nilo, dove Ramses insieme a suo figlio, ed in compagnia di Hotep e Hoy, fa un giro in barca. Il profeta pone la stessa richiesta, ricevendo però la stessa perentoria risposta dal faraone che ordina alle sue guardie di arrestarlo. Ma, mentre i sorveglianti muovono verso Mosè, questi poggia il suo bastone sulle acque del fiume, rendendole di sangue. Le guardie, di fronte a questo prodigio fuggono via spaventate, Ramses chiede una spiegazione ai sommi sacerdoti che, grazie a un trucco, fanno la stessa cosa. Allora il faraone, divertito, si allontana intimando a Mosè di non insistere più. Ma questo è solo l'inizio, il Signore scaglia contro l'Egitto altre nove terribili piaghe: invasione di rane, di zanzare, di mosche, la moria del bestiame, la grandine infuocata, le locuste, le pustole e le tenebre. Hotep e Hoy non riescono a fronteggiare il potere del Signore e vengono quindi cacciati via. L'impero di Ramses è ormai ridotto a un cumulo di macerie, ovunque vi è distruzione, le statue crollano, le colonne si spezzano.
    Mosè si reca da Ramses per parlare con lui, il destino li ha divisi ma l'amore fraterno che c'è fra i due non si è ancora spento. Il giudizio divino di fronte alla tracotanza di Ramses è però perentorio: tutti i primogeniti maschi egiziani moriranno. Il sangue versato un giorno da Seti ricadrà adesso sui figli d'Egitto. Gli ebrei, per ordine del Signore, segnano con il sangue d'agnello tutte le architravi delle porte, cosicché, quando l'angelo del Signore vedrà quel simbolo passerà avanti. Il terribile fuoco dell'angelo punitore invade così l'Egitto, il regno cade nella disperazione, non viene risparmiato nemmeno il figlio del faraone. Mosè viene chiamato a palazzo, lui è il suo popolo possono finalmente partire.
    Il profeta però non gioisce, anzi sembra disperato, il dolore di Ramses è anche il suo dolore. Zippora e Miriam lo confortano, la sua gente, dopo tante sofferenze, è finalmente libera. Gli israeliti lasciano così l'Egitto, ridotto ormai a un cumulo di macerie, popolato da gente disperata. Viene raggiunto così il Mar Rosso, superando le sue acque si giungerà al monte Sinai, come Dio aveva comandato. Gli ebrei si incamminano ma ecco presentarsi ai loro occhi una terribile visione: Ramses e i suoi uomini muovono, sui carri da guerra, contro di loro. Mosè non sa cosa fare, dal mare appare all'improvviso una colonna di fuoco che blocca il passaggio agli egiziani.
    Gli israeliti sono in trappola, da una parte le armate del faraone, dall'altra il mar Rosso. Ma Dio non abbandona il suo popolo, ordina a Mosè di poggiare il suo bastone sulle acque che si aprono, formando due muraglie a destra e a sinistra. Gli ebrei possono attraversare il mare, lasciandosi dietro i soldati di Ramses. Si vede in lontananza l'altra riva ma, sotto i loro occhi, la colonna di fuoco scompare, il faraone e i suoi uomini muovono all'inseguimento. I carri e i cavalli non resistono però sugli scogli, le ruote si distruggono, gli egiziani rimangono a piedi ma non sono decisi ad arrendersi; Ramses, caduto dal carro, rimane indietro. Mosè vede arrivarsi contro le truppe egiziane, gli ebrei corrono spaventati. Improvvisamente le acque tornano allo stato normale, le pareti franano sopra gli egiziani che rimangono travolti dai flutti del mare, le onde colpiscono anche Ramses che viene sbattuto sugli scogli, unico superstite dell'intero esercito.
    Mosè e gli altri ebrei, giunti all'altra riva, osservano il terribile spettacolo e rimangono a bocca aperta. Quando comprendono ciò che è successo cominciano a sorridere, ad abbracciarsi l'un l'altro, il Signore li ha definitivamente liberati dalla morsa dell'Egitto ed anche alcuni egizi si sono uniti a loro. Mosè però è ancora triste, poiché suo fratello adottivo Ramses è ferito su una scogliera e grida adirato per la perdita del suo esercito e poiché ora dovrà patire lui la fame, e Mosè lo saluta per l'ultima volta. Zippora, Miriam e Aronne vengono però a confortarlo. La gioia è tanta. Ecco adesso il suo popolo libero che è giunto oltre Madian, insieme a quello di Jetro, alle pendici del monte Sinai, dove scorre latte e miele da Canaan. Immerso dalla luce divina, Mosè scende dal monte, mostrando agli ebrei, diventati pastori, il dono che Dio ha fatto loro, le Tavole della Legge, i Dieci Comandamenti. Con quest'immagine si chiude il film.

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